Ci sono giornate in cui hai voglia di evadere un po’, giornate in cui hai bisogno di nuove strade da calpestare, nuovi volti da osservare, altri occhi da ricambiare. Allora ne approfitto ed esco. Ma Cirie’ mi va un po’ troppo stretta oggi, quindi mi allontano.
Via verso la città.
Traffico confusione e poi gente, ancora tanta gente. Se solo potessi incontrare un volto famigliare, un volto amico. Mi incammino verso la Mole perché voglio visitare la mostra di Gus Van Sant, un regista francese che negli anni novanta ha inquadrato e raccontato la storia di una gioventù ribelle e autolesionista. Mi piacevano i suoi film, ma mi piaceva soprattutto avere vent’anni o poco più. Se solo incontrassi qualcuno che faceva parte di quegli anni. Allora conoscevo molta gente qui in città. Poi ci siamo persi di vista un po’ tutti…tranne lei. Lei l’ho si persa di vista, ma nel momento in cui meno te lo aspetti appare e torna a far parte della tua vita come se non ci fossimo mai veramente persi.
Lei è Deborah ed è un’amica da molti anni. La famosa “amica di famiglia”. Quando la conobbi era una studentessa di psicologia che non perdeva occasione di prendere sempre nuove specializzazioni. Non mi chiedevo di cosa si occupasse veramente in quanto preferivamo uscire in una piccola combriccola a cui avevamo dato vita e divertirci senza farci troppi problemi. Poi con il tempo ho scoperto che la sua specializzazione principale è stata una qualifica che oltre a dare risalto al suo lavoro, ha dato fiducia e sollievo a molte persone.
Il the sotto la Mole fa molto chic, ma preferisco prendere una Beks come ai vecchi tempi. Lei prosegue con il suo the, proprio come ai vecchi tempi.
Radiosa è particolarmente felice come sempre inizia a parlare con la sua dialettica tipica degli psicologi.
“non avrei mai accettato di parlare di me se non fosse per il taglio così senesibile, emozionale ed ironico che riesci a dare alle storie che proponi ai Ciriacesi.”
“Parlami un po’ di te e del tuo lavoro. L’Alzheimer è diventata per te una sfida, una lotta. Da quanto prosegue questa tua passione?”
“Da circa 25 anni mi occupo di malati di Alzheimer e delle loro famiglie. Questa passione credo sia legata al fatto che sono stata cresciuta di miei nonni materni con cui sento un forte debito di gratitudine…se non ci fossero stati loro nella mia vita oggi non sarei quella che sono.
Verso i vent’anni ho iniziato a fare volontariato in una casa di riposo con l’AVO e di lì è nata la curiosità verso la malattia di Alzheimer. Ho quindi fatto una tesi in Psicologia sul metodo Validation, cioè un metodo che si basa sulla validazione delle emozioni del malato di Alzheimer affinchè possa continuare ad esprimersi.”
Penso al fatto che ho sempre visto alcune malattie come incurabili e basta. Ho sempre pensato che l’unica soluzione per questi pazienti fosse l’attesa. Medicinali che stordiscono e poi ancora e solo attesa. Ma Deborah mi fa capire che non è così. E riprende il suo discorso
“Trovo sia fondamentale sviluppare una sensibilità alle emozioni del malato, poiché questa malattia, dopo aver tolto la memoria recente, l’attenzione, l’orientamento temporale e spaziale, la capacità di compiere i gesti più elementari, di esprimersi e comprendere anche il linguaggio più semplice, di riconoscere cose, luoghi e persone, arriva un momento in cui toglie anche i ricordi più remoti su cui si è fondata tutta l’identità di una persona e lì si rischia di sprofondare nell’abisso. Con il malato anche i suoi familiari.”
Penso all’angoscia che vivono i familiari del malato. La paura che tutto possa accadere da un momento all’altro. Il non riconoscere più davanti ai propri occhi quella persona che avevano imparato ad amare e a stimare. Penso a un coniuge, a un figlio, a una madre. Ma la cosa più tremenda deve essere proprio questa di fase. La fase della consapevolezza.
“E’ in questa fase intermedia della malattia che spesso iniziano anche i problemi comportamentali più gravi. Arriva l’agitazione psico-motoria, l’aggressività, le allucinazioni ed i deliri ed è qui che è importante esserci e sostenere la famiglia. E’ in questo asse temporale che bisogna continuare a permettere al malato di potersi esprimere offrendogli delle orecchie ed un cuore attento a comprendere in modo empatico.”
“Come fate a farvi conoscere? E a mettervi in risalto davanti a tutti quegli sprovveduti come me?”
“Nel ’98 ho fondato, con altri soci, l’Associazione Alzheimer Piemonte, con cui tra le varie iniziative abbiamo proposto anche un convegno-spettacolo dal titolo “Quando mia madre inzuppava gli occhiali nel caffelatte…” proprio al Palatenda Ciriè. Era stato bello, ma parliamo di quasi 15 anni fa… sono iniziative che periodicamente andrebbero ripetute, per fare sensibilizzazione e far sentire le persone meno sole.”
Ricordo quel convegno a Villa Remmert, ed era stato davvero interessante e particolarmente emotivo.
“Sarebbe importante che il Comune di Ciriè, così come tanti altri, si muovesse per diventare un Comune Dementia Friendly, così come accade in alcuni posti della Val Pellice e della Lombardia. Si deve iniziare a informare e sensibilizzare le persone che hanno contatti col pubblico tipo impiegati (comune, banche, poste), negozianti, commessi, ristoratori, baristi affinchè si riconoscano i sintomi della malattia. Bisognerebbe che l’intolleranza ed il fastidio con cui spesso si risponde si trasformasse in pazienza e aiuto per il malato”.
Riconoscere la malattia per tempo. Certo sarebbe importante.
“Ma parliamo un po’ di te. Adesso?”
“Tornando a me, attualmente oltre ad avere uno studio di psicoterapia, sono da anni consulente di un Centro diurno per Malati di Alzheimer, dove mi occupo principalmente di stimolazione cognitiva e supporto ai malati ed ai gruppi dei familiari.
Attualmente con i musicoterapisti stiamo portando avanti un bellissimo progetto dal titolo “La musica della vita”, dedicato alle coppie. Tentiamo ripercorrendo la loro storia d’amore da un punto di vista sonoro-musicale, oltre che attraverso la narrazione dei ricordi, di far riscoprire emozioni che un po’ la malattia, un po’ il lavoro di cura hanno come “anestetizzato”.
Periodicamente ci sono persone con storie che mi emozionano molto.”
” Dai raccontamene una!”
“L’ultima è stata proprio una coppia durante l’incontro di musica… Lui è chiuso e contenuto, parla poco, spesso non ha un filo logico ed è difficile comprenderlo. Lei è una bella donna, avrebbe desiderato una vecchiaia insieme a lui fatta di viaggi, balli e divertimento. Enrico, durante l’incontro di musica, dopo aver già pianto ricordando i tempi della guerra, improvvisamente, con una lucidità impressionante, chiede il silenzio e dice che deve fare un discorso! Tutti noi stupefatti lo ascoltiamo dire che ringrazia perché tutto sommato ha avuto una bella vita ed è stato fortunato a conoscere sua moglie e che la ama molto, ma che ha solo un grande rimpianto cioè di non aver avuto figli e piange. Non ti dico il clima di commozione generale… un grande rispetto per i sentimenti di questo uomo che finalmente si è sentito libero di lasciar emergere la sua parte più vera.”
“Penso che da quando faccio queste interviste sto diventando davvero troppo sensibile. Ora sei tu che mi fai rabbrividire..”
“Per finire ti dico che sono fortunata, faccio il lavoro che ho sempre desiderato e che amo e che mi porta a conoscere persone meravigliose, che arricchiscono ogni giorno di più la mia vita. Anche io non ho avuto figli, chissà se un giorno lascerò in qualcuno il segno che Enrico ha lasciato in me?”
Saluto la mia amica di sempre. La mostra per oggi è andata. E penso. Come al solito penso e rimugino. Penso al fatto che a volte la vita ti chiede dei sacrifici che sembrano troppo forti da sopportare. Ma alla fine si vivono e basta. Mille perché, mille percome, ma il risultato non cambia. La vita è vita fino all’ultimo respiro e ben vengano questi angeli che rendono i percorsi più tumultuosi, meno difficili da portarsi addosso.
La mia amica si domanda se lascerà un bel ricordo a qualcuno. Certo che lo farà. Lo sta facendo, lo ha fatto fino a ieri e continuerà a farlo domani.
Buon lavoro Deborah Rastiello Psicologa
Di Alessandro Baccetti
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