Il primo maggio dobbiamo ricordare che è e resterà indissolubilmente legato alla prima, grande sanguinosa strage dell’Italia Repubblicana.
Oggi ricorre il settantesimo anniversario da quel giorno in cui una folla inerme di lavoratori, donne, bambini e anziani, fu bersagliata dalle raffiche di mitra della banda di Salvatore Giuliano: undici persone uccise, tra cui due bambini, più una sessantina di feriti. Ciò avveniva a Portella che è una località montana del comune di Piana degli Albanesi, situata a 3 km circa da Palermo.
Il primo maggio 1947, la gente era tornata a celebrare la Festa del Lavoro, che dal Regime fascista era stata spostata al 21 aprile, ricorrenza del Natale di Roma. Erano circa duemila i lavoratori, molti dei quali agricoltori, che vi si erano riuniti per manifestare contro il latifondismo e festeggiare la recente vittoria del Blocco del Popolo (l’alleanza tra i socialisti di Nenni e i comunisti di Togliatti).
La località fu scelta perché, alcuni decenni prima, teneva i suoi animati discorsi ai contadini il medico Nicola Barbato, una delle figure simbolo del socialismo siciliano tra Otto e Novecento. La banda del bandito Giuliani fu spietata, ma chi ci fosse a pilotare il tutto , non si fu mai veramente scoperto. Ad oggi c’è ancora il segreto di Stato.
L’evento fu un miscuglio tra mafia e Stato che ha origini ben lontane. A quanto pare si aveva paura di una vincita del PCI alle imminenti elezioni e bisognava fare allarmismo e mettere paura. Terrore.
Comunque ricordiamo anche questo di primo maggio. Lavoratori trucidati senza un motivo. A caso.
di Alessandro Baccetti