IL FANTASY NELLA STORIA

“Uno scrittore è un mondo intrappolato in una persona” -Victor Hugo

Fantasy e, per essere più precisi, gli elementi fantastici hanno da sempre ispirato l’immaginazione di lettori e scrittori in ugual modo. La sola parola cambia di significato da persona a persona: c’è chi la sente o legge e immagina una foresta immensa nella sua oscurità, piena di creature immaginifiche e irreali, chi invece pensa ad avventure in luoghi fuori dal mondo, e chi alla più banale delle fiabe.

Sebbene in Italia questo genere letterario non sia tra i più famosi, porta comunque con sé una grande storia che, anche nel panorama globale della letteratura moderna, continua a essere rilevante.

Iniziamo col dire che non possiamo parlare di un “inventore” o “scopritore” del genere fantasy, in quanto le parti che lo compongono risalgono a miti e leggende antichissime, più antichi anche dell’Impero Romano; la prima opera che possiamo definire come fantastica, sebbene forse sia più vicina al termine di mito, è la storia narrata nell’epopea di Gilgamesh, che narra di viaggi e di purificazione dell’animo, la quale si pensa abbia poi ispirato i leggendari poemi dell’Iliade e dell’Odissea.

Tuttavia quanto sopracitato è solamente il fondamento del genere fantasy e molto tempo dopo, durante i tempi bui del Medioevo, si può effettivamente parlare di genere fantastico. Si narra di storie, in quei tempi antichi, di cavalieri e foreste incantate, ma si scrivevano e raccontavano per una paura mista a inconsapevolezza del mondo… il che è abbastanza ovvio: non per nulla il Medioevo viene visto come un periodo buio della nostra storia. Il popolo europeo aveva paura di ciò che lo circondava, perché non conosceva ancora il mondo: per loro era estraneo, pieno di bizzarrie; di conseguenza, nei loro testi e manoscritti il magico e il misterioso avvenivano dove loro non erano mai andati, dalle vaste distese dell’India prima e poi, grazie ai racconti di Marco Polo, della Cina.

Una piccola digressione per parlare dei racconti portati dal già citato Marco Polo nelle terre occidentali: quello che c’è da dire è che quest’ultimo descrisse, nei suoi viaggi, anche creature… particolari, potremmo dire. Sebbene avesse anche descritto creature ed animali realmente esistenti, citò anche la presenza di cinocefali, unicorni, sciapodi e blemmi. Di conseguenza, possiamo anche attribuire a Marco Polo un ruolo fondamentale, per la visione che il popolo europeo del Medioevo aveva del mondo ancora sconosciuto.

Penso, però, che sia arrivato il momento di parlare di una delle tessere più importanti e note del mondo fantasy, che, ancora nel periodo medievale, segneranno per sempre la narrativa del mondo intero: le storie riguardanti Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda. Queste ultime fungono da diretto opposto ai miti che circolavano in Asia ai tempi, in quanto le storie di Re Artù prendevano luogo in Europa, in Inghilterra e Francia per di più, con nomi di città menzionati nei testi, e non esitavano nel nominare la magia, di norma relegata comunque in luoghi oscuri e inaccessibili all’uomo.

Abbiamo messo le fondamenta con Gilgamesh e i racconti di Omero, e con le storie del Medioevo abbiamo una bozza di quello che è l’elemento fantasy nella letteratura: è proprio grazie a questa bozza che molti si immaginano il fantasy classico nelle vicinanze di un castello, di un villaggio di agricoltori sperduto o nel bel mezzo di una guerra tra regni. C’è tuttavia da dire una cosa, ovvero che, sebbene per noi questi elementi siano nient’altro che fantasie, per le persone che vivevano al tempo, per i Greci con i miti sugli dèi, per i contadini nel periodo del Medioevo, queste storie rappresentano una realtà, una spaccatura della vita del tempo. Per questo non possiamo davvero riferirci a questi racconti come fantasy: non si può dire che facciano parte del genere, ma solamente che sono affiliati ad esso per importanza storica; forse si può iniziare a parlare di genere fantasy in un’altra era…

Un classico tema trattato nella letteratura fantastica è il ritornare della natura: non un ritorno alla natura nel senso di ritornare alle proprie origini primitive, come alcune correnti preromantiche, ma un ritorno della natura in quanto forza nel mondo.

Parlo di questo perché abbiamo un vero e proprio emergere del genere fantasy solo in un’epoca in cui l’industrializzazione prendeva il sopravvento e c’era questo desiderio di tornare alla purezza della natura: l’età vittoriana ed edoardiana nel Regno Unito. Al tempo, il cuore economico del mondo intero, in quanto il più vasto impero coloniale, il Regno Unito era un centro enorme di cultura e modernizzazione. Ed è proprio in questo periodo che iniziano a nascere i primi racconti che possiamo davvero definire fantasy, con autori che scrivono di avvenimenti al di là dell’umano e con la presenza di movimenti letterari quali il romanticismo e il gotico. Questi movimenti sono caratterizzati, specialmente nella letteratura gotica, da autori che utilizzano elementi soprannaturali come “Frankenstein” di Mary Shelley, “Dracula” di Bram Stoker, “Il Castello di Otranto” di Horace Walpole ed il “Ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde, il quale presenta tipicità gotiche nonostante l’autore sia un rinomato esteta.

Una delle cose che, tuttavia, dobbiamo ricordare quando si vuole analizzare la storia del fantasy è che il genere nasce in quanto adatto a storie per bambini. Il che, di per sé, non è né un insulto né una diminuzione della sua importanza, in quanto sono le storie mirate ai più giovani che fanno scoprire ai più grandi ciò che si sono dimenticati crescendo. Grazie alla produzione di romanzi al tempo vittoriano, il genere fantasy poteva propriamente nascere, grazie a una prosa romantica e a una forte tendenza anti-realistica e anti-moderna. In questi racconti l’eroe è in costante contatto con il soprannaturale e diversi autori utilizzavano le spedizioni coloniali inglesi come sfondo delle loro opere. Insomma, si trattava di storie di avventure che si intrecciano occasionalmente con elementi fantasy.

Un autore che vorrei nominare, prima di proseguire, è George MacDonald, al tempo uno scrittore noto e influente: fu il primo a trattare il fantasy come un vero e proprio genere, scrivendo di esso e della sua importanza; egli scrisse “Phantastes”, o le “Fate dell’Ombra” in italiano, quello che potremmo descrivere come il primo High Fantasy. Cos’è l’high fantasy? Ci arriveremo. Il suo apprendista, Lewis Carroll, lo supererà in popolarità quando scriverà “Alice nel Paese delle Meraviglie”.
Questi due autori, in particolare Carroll, portarono una vasta ondata di altri scrittori a scrivere libri per bambini con elementi fantastici: “Peter Pan”, “A Christmas Carol”, “Il Mago di Oz”. Sebbene tutti mirati a un pubblico più giovane, si tratta comunque di opere che hanno forgiato il fantasy come lo conosciamo al momento.

Adesso, però, la storia cambia, perché si passa da mondi lontani, ma pur sempre troppo vicini al nostro, a vere e proprie terre che esistono solamente nella mente degli scrittori. Ora si parla di un periodo diverso, post Prima Guerra Mondiale e durante la Seconda Guerra Mondiale; due autori in particolare scrissero due saghe e crearono due mondi che cambiarono da questo punto in poi l’intera facciata del fantasy: si parla, ovviamente, di J.R.R. Tolkien, con “Il Signore degli Anelli” e “Lo Hobbit”, e di C.S. Lewis, con “Le Cronache di Narnia”. Da qui in poi si può parlare di High Fantasy come lo conosciamo al momento, ovvero di storie e avvenimenti che prendono luogo in mondi completamente immaginari, lontani dalla nostra Terra. Nei loro lavori ci sono avventure, un ritorno della natura come forza nel mondo, la scoperta di nuove terre inesplorate, un male da sconfiggere, amore e vita. Tutti i fili che prima erano sparpagliati, ora, con Tolkien e Lewis, si intrecciano per formare un vero e proprio genere nella sua interezza.

E questo ci porta ad oggi: il fantasy moderno è un genere acclamato in buona parte del mondo, rinomato e amato da molti, che si distingue per l’immane libertà che offre agli scrittori, con una miriade di sottogeneri che spaziano dall’urban fantasy, all’epic, al grimdark fino al fantasy comico. Chiunque può scrivere un fantasy, poiché anche chi si definisce il meno fantasioso del suo gruppo può immaginare qualcosa che nessun altro può. Autori contemporanei come George R.R. Martin, Brandon Sanderson, Licia Troisi, R.F. Kuang e molti altri dimostrano che non c’è alcun limite alle fantasie, tutt’altro, che ognuno di noi è capace di creare e costruire anche solo con la propria mente.


Grazie per la vostra attenzione.
Edward M. Gablin

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