Il chiarore della luna continuava a guidarlo verso strade ignote, prendendo forma innaturale con le creature bizzarre della notte.
Ogni passo faceva allargare la città, che sembrava sempre più non avere fine. Come un labirinto che si forma nella sera.
Belve, fiere o creature, non sapeva come chiamare quelle… cose, che continuavano a spendere la loro eterna condanna durante il sonno degli uomini.
L’ombra rosa seguiva ogni suo passo, senza una parola, senza un sussurro. E ad ogni passo, due passi. Fino a quando la luce chiara non gli mostrò una strada.
C’era una casa, distante come un eco, alla fine della strada, era vecchia e iniziava a dare segni di decadenza. Non veniva illuminata.
Là dove la luce mancava, lui veniva attirato. L’ombra, come presa dalla paura, indietreggiò. E lui si ritrovò davanti a un cancello semiaperto.
Il cortile era vasto e ampio più della casa stessa, il che da solo non era nulla di impressionante. Perché era una struttura modesta, e di umili materiali.
La porta si aprì da sola, in un angosciante cigolio. E mentre apriva la porta della vecchia dimora, una strana sensazione sopraffaceva il suo inesistente cuore.
Quella sensazione che si prova quando si cammina in un cimitero, ed in quel deserto angusto di legno e mattoni l’aria era una morente brezza.
L’androne era un corto corridoio, tappezzato da quadri di un bambino innominato, da libri impolverati e gingilli per ricordare vecchi viaggi.
La cucina era una stanza ancora pulita, sebbene la polvere la stesse riempiendo, e odorava di odori d’infanzia.
Quando entrò nel salotto, vide una vecchia poltrona. In pelle marrone, consumata dal tempo tra segni e legno coperto di polvere.
Quasi come per istinto ci si avvicinò di getto, anche se con passi lenti, e si chinò con la mano su un bracciolo aspettando una vecchia voce per raccontare una storia.
Quella voce, la poteva sentire ancora, e in quel momento si sentiva di una vita più giovane e di una vita più vecchio.
Il passato sembrava farsi sempre un po’ più scuro. Si sedette su quella poltrona e vide, su una mensola poco distante, una foto rinchiusa in un riquadro.
La prese senza un fine, e guardandola vide volti sfocati che si facevano scuri: un uomo che teneva a cavalluccio un bambino mentre una donna rideva.
Non vedeva la faccia della donna, ma sapeva che stava ridendo. E quei volti si facevano sempre meno chiari, sempre meno, fino a quando non li vide più.
Posando il riquadro sulla mensola, si alzò a stento dalla poltrona. La casa sembrava essersi fatta più piccola, il mondo più grande.
In una camera c’era un letto matrimoniale, con coperte a tema floreale in verde, rosa e bianco, ancora ben fatto. Sul comodino c’era una foto senza colori.
Nella cornice, la foto mostrava un uomo e una donna, giovani, ben vestiti, abbracciati sotto un magnolia in fiore.
Nella camera c’erano vecchie lettere d’amore, e scritte di vite passate, Parole di un soldato. Desideri di un’anima reclusa.
Il soldato tornò a casa per liberare l’anima rinchiusa tra quattro pareti. Posato il fucile e nascosta l’uniforme, il soldato voleva suonare melodie diverse dagli spari.
C’erano corde di strumenti ancora nella scatola sigillata, ed una vecchia chitarra che da tempo restava nell’armadio inutilizzata.
L’anima reclusa, ora libera, voleva cantare di quelle melodie composte dal soldato. Nelle lettere scriveva canzoni, e nelle canzoni raccontava storie.
Tra firme di autori noti, biglietti e contratti con dei pub, le lettere parlavano di successo e di una vita vissuta in libertà.
Quando le lettere finirono, insieme alle corde e alla chitarra, vide un microfono vecchio e pieno di ruggine che restava nascosto lontano da tutto.
C’era un’altra camera, più piccola, con un solo letto. Ben disposta e ordinata, ma circolava una triste brezza tra le mura.
Vedeva poesie scritte a mano tremante, con gocce di lacrime a punteggiare. Scritte a cuore tormentato e a cuore lieto, ma sempre dalla stessa mano.
Vide un premio buttato in un angolo nascosto, lontano dalla vista. Vedeva poesie ancora nascoste in un piccolo baule ora mezzo vuoto.
Sentiva la brezza morente ululare nel silenzio della notte, sotto il cielo scuro di luna e stelle, mentre ricordava nella casa dei sogni dimenticati.