Sono ormai 10 anni che ho la fortuna, l’onore e il privilegio di seguire il lavoro di Angelo e in questo lungo lasso di tempo ho imparato una cosa: a guardare un’opera d’arte con occhi vergini. Al di la dell’analisi tecnica, dell’inquadrare lo stile e contestualizzare il contenuto ritengo, da semplice appassionato non addetto ai lavori, che un’opera d’arte si percepisca prima con lo stomaco che con gli occhi, che sia quella che lascia una sensazione quasi tattile sulla pelle, e questa mostra personale conferma ampiamente questa mia convinzione.

Ho assistito all’evoluzione di un soggetto: gli arcangeli del 2017, androgini soldati di dio in uniforme con tanto di alamari completamente presenti al loro ruolo nel disegno divino ora iniziano a esprimere una personalità e una sensibilità più vicine a quelle umane.
Pur restando quasi totalmente asessuati perdono qualsiasi connotazione temporale: né giovani né vecchi compensano ampiamente l’idea di eternità trasmessa con una una tavolozza di emozioni completamente calata nella contemporaneità.
Agli sguardi serafici della prima serie che riflettono l’eden e la creazione l’artista contrappone l’espressione sorniona di Uriele che guarda le stimmate ricevute da san Francesco, l’indulgenza di Gabriele mentre Adamo si avvicina all’albero della mela, l’aria beffarda di Michele che assiste allo scoppio delle bombe di Hiroshima e Nagasaki, il compiacimento di Raffaele che osserva la caduta degli angeli, il dolore di Zadakiele di fronte alla ghigliottina della rivoluzione francese, lo stupore e l’incredulità di Lucifero per l’attentato alle torri gemelle…

Ma è forse nel primo quadro esposto all’ingresso della mostra che l’artista riesce meglio a rappresentare la vicinanza tra le miserie umane e la natura divina, con un Michele intimorito, quasi atterrito di fronte allo spettacolo degli angeli e un Lucifero in cui lo stupore inizia ad risvegliare l’embrione del libero arbitrio proprio dell’umanità.
In questa approssimativa disamina tralascio volutamente le ultime tre opere esposte e i bellissimi bozzetti della prima e dell’ultima sala non perché meno meritevoli, ma per lasciare al visitatore lo stesso piacere che a me è stato concesso: poter guardare queste opere meravigliose con occhi vergini.
Grazie ancora Angelo per il meraviglioso dono che hai fatto a me e a tutti i visitatori della tua mostra: il tuo saper mettere su tela le emozioni che la storia ci suscita e il tuo modo di esprimere una sensibilità che accomuna molti è il miglior modo che io conosca per arricchire l’animo umano.
P.s. ho riletto con calma e l’impressione è stata quella di sentire il ministro Giuli, quindi fatemi l’enorme cortesia di abbattermi…
di Dario Zabardi

