Lasciami volare papà

Probabilmente vi starete chiedendo cosa ha da insegnarvi un papà che non ha saputo salvare suo figlio. Non ho nulla da insegnare, ma una storia da raccontare.

Emanuele è mio figlio, il 26 novembre del 2013 è stato l’ultimo giorno che l’ho visto. Vivo.

La storia ha inizio 5 anni fa, in un paese vicino a Salò, sulle rive del Lago di Garda, parte su un fiume in piena, alle 3 di notte.

Ero con Chris, un amico di Ema, che mi aveva raccontato che quella sera erano andati ad una festa dove giravano pasticche di ogni genere, Lsd, droghe sintetiche.

Tutti i ragazzi vogliono provarla, e come loro, anche lui non sa dire di no, perché lui vuole farsi vedere coraggioso, forte. Prova anche lui quella schifezza.

Subito sta male, gli amici lo accompagnano a casa. Con lui era rimasto il suo amico Chris. Chris preso dal panico, fa la cosa peggiore che un amico possa fare, naturalmente non ne era consapevole, era spaventato. Dice ad Emanuele, -non entrare in casa, andiamo a fare un giro per il paese, andiamo a prendere un po d’aria al fiume-.

Quando i 2 amici arrivano li, Emanuele guarda negli occhi l’amico e come impazzito dice -Io devo uccidermi- Chris cerca di trattenerlo, ma lui gli sfugge, si tuffa vestito, con il giubbino, con i jeans, le scarpe, nelle acque gelide.

Mentre io guardavo l’acqua il mio pensiero era quello di raggiungerlo, mi son detto che se non lo trovavo, me ne sarei andato anche io, il dolore era così grande…”

Così ha esordito ieri sera Gianpietro, il papà di Emanuele, nella struttura di Villa Remmert gremita di gente, tantissimi adolescenti che ascoltavano con interesse la drammatica storia. Una storia che parla di giovani pieni di sogni, di ambizioni, che per una stupida coincidenza si interrompono, e sfumano in un attimo.

Riesce a raccontare anche aneddoti divertenti, uno legato ai pesciolini rossi che tenevano nello stagno. Poi riprende il racconto di quei drammatici momenti: “Nella mia testa passava tutta la mia vita come in un film. Mi son ricordato di quel ragazzo che ero, io volevo cambiare il mondo, volevo aiutare i bisognosi. Durante la mia vita avevo accumulato ricchezza e potere, il mio successo, le mie case, le mie cose, volevo sempre di più e mi stavo dimenticando di quel ragazzo che ero, mi stavo allontanando dai miei sogni”.

Una interessante riflessione, che son certa non smuoverà la coscienza di chi ha sete di potere, è stata posta da papà Gianpietro: a volte pensiamo di fare sacrifici, di accumulare beni materiali per la tutela dei nostri figli, ci siamo mai chiesti se è questo che i nostri figli vogliono? Sicuramente gli agi non verranno disdegnati, ma ciò che è importante in generale, in ogni rapporto, è il tempo, il tempo che dedichiamo ai nostri affetti, l’impegno nell’ascolto, lo stimolo al dialogo. Certamente con il tempo avremmo la conferma che non abbiamo creato degli uomini a nostra immagine e somiglianza, ma sicuramente rimarrà l’impronta dell’insegnamento ricevuto.

Questa poesia di Madre Teresa di Calcutta è stata proiettata durante la serata

Come si fa a sorridere alla vita dopo un dolore del genere? Il dolore non si cancella, dolori di questa portata non si possono cancellare. Abbiamo 2 possibilità se le cose non si  possono cambiare: o le accetti o le rifiuti.

“Se le rifiuti, passi il resto della tua vita lamentandoti, cerchi un colpevole su cui scatenare la rabbia, ma morirai dentro. L’alternativa è quella di accogliere, di accettare anche il dolore come un compagno di viaggio, come compagno di vita. Questa è la sfida più difficile. Questo dolore mi sta rendendo un padre migliore, cosa ho dovuto sopportare per essere un uomo migliore…” Gandhi diceva “L’uomo è uno scolaro e il dolore è il suo maestro”, non solo si può sopravvivere ad ogni dolore, ma lo si può accogliere con dignità.

Proviamo ad essere migliori senza necessariamente dover perdere un figlio. Proviamo a fermarci e a riflettere. Quanto stiamo dando ai nostri figli per essere un esempio retto? cosa gli stiamo proponendo?

Gianpietro suggerisce una rivoluzione RAPP per la propria vita: ringrazia ogni giorno, aiuta, preparati e perdona.

Cominciamo da qui. Fermiamoci a riflettere, diamo un senso alla nostra vita senza dover necessariamente attraversare il dolore di questo papà “folle per scelta”, come si è definito lui.

Proviamo a tirare fuori i nostri sogni da bambino.

di Cinzia Somma

 

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