Assenza Sparsa

Un sabato sera alternativo? Senza passare per il solito zapping con lamentela automatica sulla scarsa qualità dei palinsesti televisivi? Il teatro potrebbe essere una valida scelta, anzi, il teatro È una valida scelta, poi se la rappresentazione merita e l’attore ha talento e riesce a instaurare con lo spettatore uno scambio paritario il teatro, anche quello di provincia, senza nomi altisonanti e compagnie famose, diventa LA scelta.

Perché a teatro la comunicazione non passa solo dal testo, dai gesti, dalle musiche: è un’alchimia più profonda, per certi versi primitiva, e l’emozione colpisce anche solo per uno sguardo, e colpisce dritto allo stomaco.

E allora partiamo alla volta di Fiano, qual’é il titolo dello spettacolo? Boh, non importa. Dov’è il teatro? Boh, ma non è che Fiano sia una metropoli: lo troveremo.
Prendiamo posto per ultimi, con quella sensazione di attesa che si prova solo davanti ai regali impacchettati, perché davvero a distanza di settimane dalla prenotazione del biglietto ne io, né Cinzia ricordiamo molto della brochure letta.

L’inizio è timido, impacciato, tra il pubblico e il prosieguo non sarà meno impacciato con il costante filo conduttore dell’inadeguatezza del comune sentire, della medicina e delle leggi di fronte alla “non vita” del coma profondo.

Un’ora di flusso di coscienza in cui un bravissimo Luca Oldani ci accompagna attraverso tutti gli stati d’animo che si affrontano di fronte alla malattia, al coma, alla morte, partendo dalla scelta di parole da usare per comunicare con la mamma dell’amico, con tutte le mamme. Perché quando una donna è mamma è anche un po’ la tua di mamma, parole che devono essere d’effetto, d’impatto, ma non troppo perché la specialità delle mamme è buttare tutto in tragedia. E allora “I figli sono come i fiori.. come??! Belli! Vanno puliti, curati, i figli sono la vita che ti regala un mazzo di fiori

♥️

” una bella immagine, un accostamento azzeccato fiori-mamma, segni entrambi di presenza, colore, calore, festa.”

E si continua con la tristezza, la solitudine, lo sconforto seguito dall’euforia, il dolore dalla speranza, sofferenza e gioia, negazione e rassegnazione, e allora l’amico diventa talmente bello che ti auguri quasi che non si riprenda, diventa lo stronzo che non vuole decidere di fare due passi per uscire da questo stato di non vita, diventa il perno in cui ruota l’ora di monologo, la presenza sparsa del titolo della rappresentazione. L’attore, di cui si percepisce la presenza sul palcoscenico quasi più di quella dello stesso Luca, diventa la vera star della rappresentazione perché “se non ce la fai, ci faccio uno spettacolo”.

Un’ora di monologo coinvolgente, in cui il pubblico è portato a spasso nei pensieri, a tratti nella follia del protagonista, in cui non si può fare a meno di ricordare, anche se secondo l’autore ci son molto verbi più belli di “ricordare”, un’ora per rielaborare, di nuovo, le perdite che tutti abbiamo subito.
L’emozione nel ringraziare chi ci ha intrattenuto ieri sera è stata grande, lo stringergli la mano ha aperto un flusso di coscienza che, ad oggi, non s’è ancora arrestato e, a mio modesto parere, gli applausi, pur scroscianti e sentiti, non bastano a rendere giustizia al giovane talento che ieri era sul palco…

Un sabato sera decisamente alternativo, sia per il tema trattato che per l’intensità, un grazie doveroso quindi a chi ha organizzato questa serie di spettacoli (giunti alla decima edizione), e nello specifico a Concentrica, Associazione Macapà e Compagni di viaggio a coloro che mettono passione e professionalità nell’allestire un’ora di intrattenimento dal vivo e, perché no, un grazie anche alla TV, che con i suoi palinsesti inguardabili riesce, ogni tanto, a spingerci fuori casa…

di Dario Zabardi

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