Ricevo questa considerazione di Marco Gennuso, e la condivido con piacere con voi.
La risposta alla sua domanda dovrebbe essere ovvia e scontata… invece in questo periodo storico, il lavoro non è un diritto, chi ce l’ha deve considerarsi fortunato, e talvolta deve scendere a compromessi per non perderlo. Naturalmente le condizioni, come lui stesso ribadisce, non possono essere generalizzate a tutti i posti di lavoro… certo è che trovare una persona competente è meno semplice che trovare l’amico…o l’amico dell’amico a ricoprire un ruolo di privilegio.
Ecco il pensiero di Marco:
L’articolo 1 della costituzione recita “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”, quindi un nostro diritto al quale, sembra, non siamo più abituati.
E’ da un po’ di tempo che mi sto soffermando a riflettere su questo argomento, chiedendo anche pareri ed esperienze a conoscenti che lavorano in diverse tipologie merceologiche, ma il quadro che ne esce è pressochè uguale per tutti.
L’ambiente di lavoro, dove ognuno di noi, in genere, passa gran parte della giornata, è diventato un posto dove la meritocrazia non esiste più, dove le ambizioni professionali e personali non vengono più prese in considerazione così come le proprie opinioni personali. Ci troviamo di fronte a responsabili o capi d’azienda sempre più convinti che il loro ruolo gli permetta comportamenti del tutto discutibili, a volte ai limiti della legalità, che non si fanno scrupoli a minacciare, vessare o attuare qualsiasi comportamento discriminatorio nei confronti di quei dipendenti che non seguono la “linea” aziendale che, sempre più spesso, viaggia in direzione dei doveri e dei propri interessi personali, dimenticando i diritti basilari che ognuno di noi ha, e per i quali dovremmo ringraziare le nostre “vecchie generazioni” che con scioperi e lotte hanno ottenuto.
Sono sicuro che non tutti gli ambienti di lavoro siano così, come sono certo che esistano responsabili coscienziosi, in grado di svolgere il proprio lavoro nel modo più professionale possibile, ma sono anche dell’idea che ognuno di noi si stia rassegnando a questa mentalità sempre più diffusa, accettando di buon grado qualsiasi comportamento sbagliato, discriminando addirittura chi prova ad opporsi e cerca di far valere i propri diritti, non rendendosi conto che così facendo, autorizzano le aziende a comportarsi sempre peggio, trattandoci solo come numeri di matricola con dei doveri e non come persone con dei diritti.
Di Marco Gennuso con Cinzia Somma
Credit immagine: http://www.donnaclick.it/