Gianni Milano: il mondo visto con gli occhi di un bambino

Ci incontriamo in pieno centro a Torino, nella splendida Piazza Castello, impossibile non riconoscerlo: Gianni Milano è esattamente come 30 anni fa, quando preparava le future maestre elementari per il tirocinio, il primo vero incontro con quello che sarebbe stato per qualcuna, il lavoro di una vita.

Andiamo in un bar, in cui è cliente abituale, e ci accomodiamo in una tavolo un po appartato.

Comincia subito a raccontarmi la sua storia: arriva nel ciriacese, alla fine degli anni ’70, ancora scosso dalla vicenda che lo aveva visto protagonista e vittima  nel circolo scolastico di Torino: era infatti stato allontanato dall’insegnamento perché si  faceva dare “del tu” dai bambini di 7 anni. E’ stato relegato al lavoro d’ufficio perché “veniva meno l’autorevolezza”, ma detto ad un anarchico, figuriamoci se gli interessava…

Per questa vicenda ha subito un processo interno che è durato 5 anni, nel frattempo si laurea con lode con una tesi “antisistema”, dal titolo “per un’educazione libertaria”. Vince la causa e rientra ad insegnare a Torino.

Gianni Milano in gita con i suoi allievi

Qui c’era il tempo pieno, e legato al Movimento di Cooperazione Educativa, lavorava anche al pomeriggio, gratuitamente. Era felice e soddisfatto per questa possibilità, perché riusciva a raccogliere i figli degli operai, che altrimenti sarebbero stati abbandonati a loro stessi. Creano laboratori, stampano giornalini e aiutano i bambini a fare i compiti. Questi erano equamente divisi tra figli di dirigenti del PC di allora, e quelli delle case popolari.

L’integrazione era lo scopo primario, non del tutto riuscito.

Secondo lui è necessario ed indispensabile dar voce ai bambini: sono loro che decidono come apprendere meglio, e cosa fare.

Comincia a parlarmi della sua prima esperienza nel ciriacese, presso la scuola elementare Don Bosco, dove i colleghi lo vedono come un sovversivo; viene accuratamente evitato e classificato da qualcuna in particolare.

Poi parte il progetto per la nuova scuola creativa Bruno Ciari, “la scuola dei matti e dei ribelli” : il direttore vorrebbe una soluzione articolata, ma non divisa. Trasferito in Via Taneschie, insieme al maestro Bruno Armento, altro insegnante che ricordo con molto piacere, che si dedicava ai progetti di teatro e programmi sperimentali, lancia un laboratorio di pittura, che prevede di mettere i bambini al centro del territorio, di farli diventare protagonisti nella città, liberi di esprimersi e di creare.

Minaccia il Comune che, se non otterranno i materiali necessari, cominceranno a dipingere direttamente sui muri; da lì a breve, in tutte le pareti della scuola vengono applicati pannelli, dove i bambini possono sbizzarrirsi con immagini e colori.

Il primo dipinto rappresenta il corpo insegnanti, proprio all’ingresso dell’edificio. Quadro ancora presente e ottimamente conservato.

Questo uno dei primi lavori della scolaresca del Maestro Gianni: tutti gli insegnanti della Bruno Ciari.

Gira spesso in bicicletta, va a recuperare i bambini a casa, sempre seguito dalla scolaresca, se assenti per malattia per più giorni, o se non si presentano alla gita scolastica per problemi economici.

Fanno gruppo, fanno squadra, sono una truppa, dove ognuno si prodiga per il compagno in difficoltà. Creano una scuola dove si impara all’esterno, a contatto con il territorio e con la gente: organizzano manifestazioni, picchetti per salvare un genitore che rischia di perdere il posto di lavoro, si presentano nell’ufficio del sindaco a fare lezione, se nella loro classe fa freddo, perché il riscaldamento non funziona. Tutto in maniera pacifica, tutto con la richiesta espressa in maniera cortese, tutto ottenuto nel modo più semplice possibile.

E poi organizzano spettacoli di burattini e il Carnevale: ogni classe realizza costumi a tema. Fonda “l’Arciragazzi”. Quell anno il tema del carnevale rappresentava la storia del “Mago di Oz”. Ricordo gli spazzacamini, le carte da gioco, i burattini di latta: tutte maschere create con un minimo di spesa ed il massimo entusiasmo da parte dei protagonisti. Ogni bambino aveva il suo spazio, era importante a modo suo.

Il progetto di Gianni Milano era far saltare la scuola come istituzione, praticare un’educazione libera, dove il bambino è protagonista e l adulto è solo un supporto. Una scuola nel bosco sarebbe l’ideale. I bambini sono persone molto serie, con bisogni loro, che se non vengono soddisfatti ce li ritroveremo in età adulta non appagati… un adulto che non è stato bambino, è un adulto infantilizzato.

Non è necessario che debba giocare, ma bisogna aiutarlo ad avere fiducia nel mondo, e vivere tutto con stupore: guardare ciò che lo circonda con uno sguardo minimalista. Il compito dell’adulto è abituarlo a scoprire che il mondo è bello.

Ad un certo punto nella sua aula avevano eliminato i banchi e li avevano sostituiti con assi e cavalletti perché sotto c’era la possibilità di rintanarsi… se il bambino non aveva voglia o aveva necessità di stare in disparte, quella era la sua tana, dove nessuno lo disturbava. Il bambino doveva venire a scuola per cercare di raccogliere esperienze, chiedendo aiuto al maestro. Il maestro era un supporto, ma l’allievo viveva l’esperienza in prima persona, come meglio credeva.

…e poi mi racconta del tesoro nascosto in un “isolotto” vicino al cimitero. Che esperienze magiche hanno vissuto quei bambini con un maestro così.

Io ero tra loro, e posso confermare che ho imparato molto in quegli anni: guardare il mondo con stupore, apprezzare le piccole cose, diventare protagonista della mia vita, combattere per ciò in cui credo. Tutto ciò, me lo porto dietro ancora oggi e solo dopo questa chiacchierata, mi sono resa conto che questa libertà mi è stata “insegnata” in quegli anni, quando tutti pensavano che un bambino fosse solo un bambino. Certamente, ma è il momento in cui riesce a captare l’essenza della vita e a condurla nella direzione della felicità. Bisogna combattere per i propri diritti, cercare di fare il proprio lavoro nel modo migliore, “tirare fuori le palle”, muoversi secondo coscienza.

Questo e molto altro è Gianni Milano, poeta, scrittore, cantastorie. Un eterno bambino, uno che guarda ancora il mondo con stupore e meraviglia. Uno che ha lo sguardo che ride. Un Peter Pan a cui bisognerebbe dare spazio, la memoria storica di quasi 60 anni di scuola e pedagogia. Lui si definisce “un uomo d’età (nato nel 1938), innamorato e curioso della vita e per questo sempre pronto a lottare, ora No tav” ci sono andata vicino…

Chissà che, con l’apertura dell’attuale amministrazione alla Cultura locale (vedi mostra di Angelo Barile dal 23 settembre), non si possa creare un progetto anche per il vecchio bambino Gianni Milano.

di Cinzia Somma

 

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