Celio Secondo Curione uno di noi

Oggi voglio raccontarvi una storia nuova. Una di quelle storie che appartengono al passato remoto. Una storia ormai dimenticata. Una storia piena di avventura e ribellione. Ma soprattutto una storia che ha fatto il giro del mondo. Tutto il mondo. Una storia che è partita proprio da qui, da Cirie’ e che ha preso il largo in ogni dove.

Ma partiamo dall’inizio. Siamo a Cirie”, come vi dicevo prima, ed esattamente nel 1503. Qui il 1 maggio nasce Celio Secondo Curione. Curione pare che derivi proprio dal nome del castello che un tempo dominava Cirie’. Celio era l’ultimo di 23 figli. La madre, morta di parto proprio portandolo alla luce, era la dama di corte di Bianca di Savoia mentre il padre un nobiluomo di Moncalieri. Il bambino fu in seguito portato a Moncalieri dai parenti materni e cresciuto da una zia. Faceva parte di una ricca famiglia nobile del tempo e fu indirizzato agli studi umanistici a Torino. Poco dopo venne a mancare anche il padre che gli lascio però in eredità un cimelio che avrebbe cambiato la sua vita: una preziosa Bibbia miniata.

Fino a qui una storia un po’ triste ma nulla di sensazionale. Ma è dopo che Celio inizia a far parlare di sé e lo fa attraverso lo studio delle religioni. Adesso se qualcuno parla di religioni e snobba o colpevolizza la chiesa cattolica non succede nulla, al massimo viene elogiato da chi superficialmente affronta il discorso della fede improvvisandosi santone. Ma a quel tempo non era affatto così. Siamo nel 1500 e la Santa Inquisizione ha fatto tante vittime quanto le guerre più sanguinose. Si poteva essere trucidati, seviziati e torturati anche solo se un vicino di casa ti accusava di stregoneria o di eresia. In un contesto tale molti di voi staranno pensando che al suo posto sarebbe stato meglio starsene zitti in un angolo e assecondare il pensare della Chiesa. Ma non un ciriacese doc come lui. Lui durante una omelia si alzò in piedi e mentre il vescovo predicava di penitenze e redenzioni, Celio chiese a gran voce di voler conoscere le fonti dalle quali arrivano le affermazioni che venivano inculcate ai fedeli. Un po come se durante la messa qualcuno si alzasse in piedi e a gran voce chiedesse al prete “Dove hai preso quelle notizie?, non mi risultano su nessun libro sacro in mio possesso”. Detto da un forsennato non avrebbe avuto senso, ma detto da un umanista con anni di studi alle spalle la questione era diversa. Tutti i presenti alla messa si allearono a lui e il sacerdote fu costretto ad abbandonare l’altare. Adesso un comportamento del genere farebbe solo girare la testa ai presenti, ma a quel tempo no. A quel tempo venivi immediatamente imprigionato. E così accadde anche per il nostro paesano.

Venne così incarcerato a San Domanico.

Nell’oscurità del carcere Celio riuscì a far chiudere nei ceppi una gamba finta formata da stracci nascondendo una delle sue sotto il corpo. Con questo astuto stratagemma poté facilmente evadere. I suoi carcerieri, per salvarsi, sostennero che il prigioniero aveva fatto ricorso ad arti magiche. Per contestare questa accusa Curione scrisse un dialogo latino, Probus, che sarà pubblicato a Basilea solo nel 1544.
Nel luglio del 1542 si recò in Svizzera lasciando moglie e otto figli e figlie a Lucca. Andò a Zurigo da Bullinger (con cui avrà una lunga corrispondenza), incontrò Calvino a Ginevra e soggiornò a Losanna. In autunno tornò in Italia, rivide la famiglia a Lucca ma, per prudenza, si stabilì a Pescia. Qui una sera, mentre cenava in un’osteria, tradito da una spia, fu sorpreso dagli sbirri dell’Inquisizione. Curione non si sgomentò, confidando nella sua grande forza fisica, li assalì con il coltello che stava usando per il cibo e, affrontandoli a viso aperto, balzò a cavallo e riuscì a fuggire, invano inseguito dalle guardie e dai loro cani. Dichiarò poi di essersi salvato grazie a una tempesta inviata dal cielo e poté tornare in Svizzera con tutta la famiglia.

Ma cosa cercava di far capire al clero? Cosa aveva in mente di cambiare nella società in cui viveva? Quali erano i suoi pericolosi concetti e ideali per cui era addirittura disposto a perdere la propria vita? Celio volle sostenere che, nel giorno del giudizio, il numero dei salvati sarà molto maggiore di quello dei dannati. La misericordia di Dio è talmente infinita che potrà accogliere anche i pagani dell’antichità, coloro che hanno rifiutato Cristo (gli ebrei) e che non hanno potuto conoscerlo (i musulmani e gli abitanti del Nuovo Mondo) mediante una illuminazione interiore compiuta dallo Spirito Santo. Insomma chiunque si sarebbe potuto salvare e le restrizioni della Chiesa e della Santa Inquisizione erano solo delle crudeltà prive di fondamento cristiano. Puntava all’unione dei popoli e alla sovranita dell’essere umano al di la della provenienza. Pur avendo incontrato Calvino non si pose mai completamente dalla sua parte, ma continuò a predicare e ad insegnare una regola di convivenza che superava gli ostacoli delle convinzioni religiose.

L’umanità era una ed unica e chiunque avrebbe potuto salvarsi con l’interpretazione individuale della fede. Perché, a differenza della Chiesa e del Calvinismo stesso, lui aveva capito che la Bibbia poteva e doveva essere interpretata dal singolo individuo. Meno dogmi e più sentimenti personali.

C’era una statua mutilata a Roma, il famoso Pasquino, dove a quei tempi la gente del Popolo scriveva lettere irriverenti contro il clero e contro le sue violente quanto assurde regole. Un modo per cercare di cambiare le idee dei potenti. Adesso puo far sorridere, ma un tempo erano delle vere e proprie forme di ribellione. Forme pericolosissime che potevano portare alle condanne inquisitorie nel caso si fosse stati colti in fragrante. E in un contesto come questo cosa fa il nostro amico Celio? Fa nascere un’opera e la intitola “Il Pasquino in estasi”. Qui usa l’ironia e la retorica per mettere in cattiva luce il potere ecclesiastico del tempo. Tutta questo post (Chissà quanti sono riusciti ad arrivare fino a qui..) solo per ricordare che un grande personaggio come lui debba essere riconosciuto dal nostro territorio.

Una statua, una targa, una piazza o una via. Cercare di creare uno spazio riservato a lui in una delle splendide sale di Palazzo D’oria. Ma non accadrà nulla forse perché troppo sovversivo per il perbenismo del nostro ordinamento cittadino. Anche noi dell’Altra Cirie’ ci sentiamo vicini alla sua figura. Anche noi, quando cerchiamo di documentare, filmare o fotografare il degrado e la superficialità del nostro territorio veniamo denigrati e assaliti. Certo adesso non c’è più l’inquisizione di un tempo, ma ci sono altri mille modi che vengono usati per cercare di distoglierci dal nostro operare. Ci sono state minacce, denunce, assalti verbali e chi più ne ha più ne metta. Forse a Cirie’ deve proprio andare così.

Forse nel nostro bel paese bisogna continuare a seguire le linea guida dettate dalla tradizione. O forse Cirie’ è destinata ad avere una continua lotta tra il bene e il male. Tra il buono e il cattivo. Tra le guardie e i ladri. Sta a noi interpretare da che parte sta il giusto e da quale parte lo sbagliato. Ma ricordate: l’inquisizione non ha mai smesso di operare.

di Alessandro Baccetti

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