Le strade erano vuote d’animo. Non c’era uomo, donna o bambino, le luci delle case erano spente, i lampioni accesi.
Il chiarore di luna gli mostrava la via, ma senza dargli direzione. Vagava senza una vera meta, con uno scopo opaco in mente. Ed ad ogni menzione del nome Harrys Over, quello spiraglio di lucidità necessaria che arrivava in suo soccorso sbiadiva poi subito dopo.
Perché tutti gli edifici, le case, i palazzi, erano così grigi? Così spenti? Così assorbiti nella monotonia continua della notte? Tutto sembrava così uguale, tutto colorato nello stesso modo, solo costruito in modo differente.
Non si ricordava le strade che si estendevano come ragnatele sulla terra, le vie che chiudevano un distretto dall’altro, i piccoli parchi che respiravano senza vita tra i condomini ed i bar della piazza centrale. Era una città così grande e confusa, come se non sapesse come gestirsi da sé.
Era quasi noioso, ma che altre avrebbe potuto fare? La luna sembrava avergli dato uno scopo, non aveva altro.
Tick. Tick. Tick.
Sentì qualcosa ticchettare, non era un orologio, non ne vedeva nelle vicinanze, eppure sembrava quell’insopportabile rumore rapido e secco che continuava a ripetizione.
Sentì il vento fermarsi per un singolo infinito istante, finché non soffio di nuovo, ma stavolta era caldo, ma se si muoveva lo sentiva freddo, e sembrava soffiare verso il basso, ma non gli dava peso né lo spingeva in alcun modo sebbene sembrasse forte e turbolento.
La città, da un momento all’altro, sembrò trasformarsi, e la monotonia della notte mutò nella stravaganza del buio.
Mani dalle dita lunghe, senza corpo, scalavano come ragni sulle pareti, sugli alberi fino a che non arrivavano in cima. Per poi rimanere ferme, immobili, per pochi minuti prima di venire sollevate dal vento e volando altrove.
Le foglie cadevano dalle fronde, prendendo la forma di spettri, aprivano le finestre ed entravano nelle case, derubando i vivi di beni insignificanti; briciole, matite spezzate e altre cianfrusaglie.
Gatti di metallo e ruggine si nascondevano nel buio, ingannando e intrappolando nei loro toraci infuocati i topi di polvere, per poi liberarli e continuare il circolo all’infinito.
Si sentiva però osservato, non dalle creature che aveva già visto ma da altre ancora. Girandosi a destra e a manca, però, non vide nessuno.
Le nuvole prendono nuova forma quando passavano davanti alla luna, rimpiccioliscono, prendono le sembianze di animali, di uomini, di creature mai viste, e scendono sulla terra.
Si sentì attraversare da un cavallo di nubi, con due teste e otto gambe, era come una doccia fredda dalla quale si esce asciutti.
Le creature formate da nuvole planavano verso il basso prima di spiccare il volo andando di nuovo verso l’alto.
Provò ad afferrare una di quelle creature, un cane a sette code, ma come acqua sfuggiva dalle mani ossute. Se le guardava stupito, quasi deluso che non potesse stringerli. Sembravano morbidi, soffici, con le loro forme affusolate e bianche come cuscini ben puliti.
La notte prende nuova forma, le bizzarre creature le danno colore e vita, in un meraviglioso spettacolo innaturale.
È da un po’ che non ne vedo uno
Sentì una voce rimbombare sotto la luce della luna, senza forma e senza sesso, non sembrava appartenere né a uomo né a donna, senza età, poteva essere sia di un adulto che di un bambino, e senza tono, statica e continua come una retta.
Il chiarore riflesso della luna si oscurò d’un tratto, e nuovi colori sembravano emergere dal buio.
Uno nuovo?
Una nuova voce riempì il silenzio della sera, ma era quella di una donna, non anziana, ma adulta, sembrava curiosa, emozionata quasi, e con una briciola di paura che si faceva strada tra le sue parole
L’ultimo non è durato fino alla fine
Un’altra, un uomo, più vecchio, era reticente, stanco, quasi frustrato.
Qual è il suo scopo?
Tutte le voci sembravano come circondarlo, seguì l’ultima, che sembrava quasi chiamarlo a sé, e cammina a carponi nella direzione dove la sentiva più forte.
In un vicolo, illuminato a malapena dalla luna o dai lampioni, sentiva una dozzina di voci parlottare in continuazione.
C’era un qualcosa di ipnotico nelle loro parole, nel senso che anche la più priva di significato, di poesia e di classe, sembrava avere valore, forza o rilevanza.
Sentiva voci d’ogni tipo, sesso, età e lingua, da stranieri a voci che parlavano bizzarri dialetti a quelli che invece riusciva a comprendere.
Si avvicinò abbastanza per poterli vedere… ombre, di mille colori diversi: rosso, giallo, blu, grigio, rosa, verde ed altri ancora, anche quelle possedute dagli umani, le ombre nere, sembravano essere tra queste.
Ci vede?
L’ultimo non ci vedeva
Lasciamolo a se stesso, per l’ultimo non è finita bene
Posò la mano sul muro del vicolo, alla luce della luna la sua ombra si fece spazio tra le altre. Ed in un soffio di vento quel arcobaleno di figure svanì così com’era apparso… tutte tranne una.
Piccola e nascosta tra gli angoli del vicolo, un’ombra pallida e celestina, di quella che sembra, e forse un tempo era, una giovane ragazzina. Che zampettava da parete a parete, col volto senza viso ma che mostrava curiosità da ogni poro
Cosa sei tu? Chiedeva lei, guardando il morto che cammina.