Ricordo di una estate. Cana (Grosseto) 1977
Dovevo tenere duro. Non dovevo addormentarmi. Dovevo aspettare che arrivasse l’alba. Sbirciavo dalla finestra ma era ancora buio. Davanti a me un ammasso di alberi che credevo una foresta. Fantasticavo sempre su cosa ci sarebbe mai potuto essere lì dentro.
Immaginavo bestie feroci e insetti alti due metri. A volte ci mettevo dentro anche dei cavalieri crociati e degli esseri metà uomini e metà animali. Ma non ero in nessun posto sperduto della terra. Ero in Toscana e quello che vedevo non era altro che una “Macchia” di verde, come la chiamavano da quelle parti. Alberi di castagne e felci. Le vacanze del ’77 erano state splendide. Tre mesi con i nonni nella Maremma più sperduta.
I momenti più belli però restavano le prime ore del giorno quando andavo con mio nonno nel suo immenso orto che si trovava un passo dopo la “macchia”. L’unico problema era che se ero sveglio mi portava con se, ma se dormivo mi lasciava a casa.
“Non ti sveglio, sei troppo piccino! Se ti svegli da solo bene altrimenti si va in giro quando torno” mi ripeteva sempre la sera prima di andare a dormire. E io aspettavo l’alba e cercavo di sentire i suoi passi dalla stanza accanto alla mia. Ecco! Mi ero addormentato di nuovo. Era già andato via.
Ma stavolta lo avrei raggiunto. La nonna era partita per andare a raccogliere le pesche a Marina di Grosseto. Sul comodino c’erano le cinquecento lire che servivano per pagarmi un pezzo di pizza presso il forno di Cana.
Sarei dovuto andare in Piazza e aspettare qualche altro bambino per giocare un po’. Ma quel giorno no! Sarei partito e avrei affrontato la macchia. Sarei andato dal nonno e avrei combattuto anche contro tutti gli animali della foresta. Non avevo paura. Non dovevo avere paura.
Camminai sicuro e fiero tra felci molto più alte di me e ricci di castagne che schiacciavo con i miei scarponcini correttivi di cuoio nero.
Iniziavo a sentire i versi dei polli e il profumo di campagna entrarmi nel naso. La macchia era quasi finita quando ad un tratto incontrai davanti a me un serpente lunghissimo. Strisciava e mi guardava. Piantai un urlo che credo lo avessero sentito fino in paese.
“Che succede ragazzo? Chi sei?” Mi disse un uomo che si era affacciato dal cancello del suo orto
“Mi aiuti signore! C’è un serpente grandissimo! Sto andando da mio nonno. Orfeo.”
“Sta tranquillo! Quello è uno strozzapreti, non ti fa nulla! Ma mi mangia tutte le patate, Maremma cane! Ora lo aggiusto io!”
Prese un bastone e andò per batterglielo in testa, ma il serpente striscio via e non riuscì a prenderlo
“Mi è scappato!” Disse lanciando il bastone in aria.
“ORFEO!! ” grido’ l’uomo ” C’è il tu nipote! Quello di Cirié !”
“Mandalo giù! ” rispose mio nonno da poco lontano. Ce l’avevo fatta! Ero arrivato a destinazione.
“Sapevo che prima o poi l’avresti fatto! Bravo!
E’ un mese che aspetto questo giorno! Adesso siediti qui vicino a me che ti devo dire una cosa. Adesso sei un uomo! Hai attraversato la macchia da solo!”
Ero orgogliosissimo di me e lo guardavo dal mio basso con soddisfazione e compiacimento. Prese un cappello di paglia e me lo mise in testa.
Poi prese un albero piccolissimo di albicocca e mi disse”piantalo li, prendi la pala, scava una buca e piantalo li” lo feci e guardai quell’albero piccolo piccolo che sembrava più un ramoscello.
“Vedi” prosegui il nonno “Tre sono le cose che devi fare nella vita se vuoi lasciare un segno su questa terra. La prima e piantare un albero, e lo hai appena fatto. Poi dovrai avere un figlio e infine scrivere un libro. Fai queste tre cose e sarai sicuro di avere lasciato un pezzo di te a questa terra.
Avrai dato un senso al tuo vivere.”
“Adesso però voglio annaffiare! Dai nonno! Fammi prendere l’acqua dal pozzo!”
Mi guardò sorridendo, mi abbasso il cappello fin sopra gli occhi e mi porto il secchio.
“Ricordati di annaffiare il tuo albero di albicocche, mi raccomando! Ricorda di farlo tutti i giorni.” Poi disse sottovoce volgendo lo sguardo lontano da me: ” fallo sempre Alessandro. Anche quando non sarai qui. Annaffia sempre il tuo albero”
“Ma quando sono a Cirié ci dovrai pensare tu! Io come faccio?” Risposi
“Lo farai, se vorrai lo farai…”
Chissà cosa voleva dire.. comunque non importava. Adesso potevo giocare con l’acqua e annaffiare tutto l’orto.
di Alessandro Baccetti
Credit immagine: http://www.lacianella.com
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