Vecchioni: poeta di altri tempi

“Allora spiegatemi un attimo come funziona il concerto di un over ’70. In pratica dobbiamo urlare RO-BER-TO.. finché non esce? Oppure accomodarci in poltrona e attendere che i suoi problemi di prostata facciano il loro corso?”

“Vedi che sei cretino? Capisci perché non volevo che venissi? Non farci fare brutte figure a teatro. Stai buono e non commentare. Commenta sul tuo gruppo se Vuoi, ma in platea per favore fai per bene”

Siamo sulla seicento di Cristina e vedo che le due sorelle sono agitate per il concerto. Penso che debba essere stato importante per loro ascoltare questo cantautore.

A quanto ho capito passavano pomeriggi interi a far rigirare il nastro delle sue cassette. Probabilmente rivivono i bei momenti di quella parte di adolescenza passata indisturbata da occhi indiscreti.

Forse si rivedono nella loro cameretta con poster un po’ ovunque di calciatori bianconeri in calzoncini e qualche foto sparsa qua e là di un Roberto Vecchioni ancora poco più che ragazzo.

Rivivranno il loro rapporto di sorelle che è andato formandosi proprio in quegli anni. Penso ma non riesco a trattenermi dal farle innervosire.

“Se non canta Barbapapa’ mi arrabbio! Io ve lo dico subito! Mi alzo in piedi e glielo chiedo”

“Provaci e chiamo la sicurezza. Davvero.”

Ho come l’impressione che non stia scherzando la mia “tenera e dolce” mogliettina.

Intanto in macchina le sento cantare. Intonano canzoni famose e canzoni di cui non ero a conoscenza dell’esistenza. Ma stranamente sono anche intonate. Molto stranamente.

Ed eccoci a teatro. Il Colosseo. Sono stato qui a vedere diversi concerti e qualche commedia italiana. Anni e anni fa.

Le facce sono diverse da quelle degli altri concerti a cui ho partecipato. In genere ci sono un po’ di ragazzi mescolati a qualche tardone come me.

Ma questa volta solo over quaranta. Intravedo qualche giovane, ma si capisce che stanno semplicemente accompagnando i loro parenti adulti.

Nessun urlo quando si apre il sipario. Gli applausi non scattano in automatico per il solo fatto che Lui è presente. Ho come l’impressione che gli applausi scatteranno solo e se il brano verrà interpretato nella maniera giusta. Sono un po in ansia per l’artista. Tutto questo silenzio da parte del pubblico mi innervosisce.

Eppure mi rendo conto che stanno semplicemente ascoltando e che solo in seguito giudicheranno. Al termine del brano le mani iniziano a muoversi e gli applausi sono scroscianti. Qualcuno dalla galleria intona un “Bravo!” e lui quasi meravigliato le lancia un saluto con la mano.

Le canzoni vanno avanti e le sue interpretazioni sono incantevoli. La sua voce da uomo vissuto rassicura e invoglia ad ascoltare. A cercare di capire come andrà a finire.

Parla il Cantastorie Roberto. Parla tanto. Fiumi di parole che si mescolano a note musicali tenue e allo stesso tempo dure e crude. Parla della vita e della morte. “Non mi fottera’ la morte! Non la temo! Io sono più forte di lei!” Asserisce convinto. Parla dei suoi figli e dei suoi nipoti.

Ci dice che due dei suoi nipoti hanno due mamme facendoci capire di avere una figlia omosessuale. E’ orgoglioso di quella famiglia che si è andata a creare ed è sicuro che presto la nostra società accetterà anche questi nuovi nuclei. Già dalla prossima generazione, ne è certo. Condivido.

Anche io credo che i giovani d’oggi siano molto più avanti di noi. L’uguaglianza è davvero alle porte.

Poi una nota musicale si sente in tutto il teatro. Sono tutti molto calmi tranne le due sorelle che mi fanno compagnia. ” riprendi, riprendi questa canzone!” Mi comandano. Alzo il telefono e la canzone e’ “sogna ragazzo sogna”. Qui si che che due “vecchie adolescenti” ritrovano i tempi perduti.

I tempi in cui un cantastorie le preparava a vivere l’età che sarebbe inesorabilmente da un momento all’altro, diventata adulta.

Chissà se tutti i sogni che vivevano si sono avverati. Chissà se il mondo che vivono è esattamente quello che sognavano da ragazze. Un giorno glielo chiederò.

E poi un susseguirsi di successi da Milady (quanto mi piace la frase: smettila di bere, ti spacco in testa quel bicchiere) e ancora Chiamami ancora amore, Vorrei essere tua madre.

“Ma Samarcanda? Quella canzone che cantavo da bambino. Quella del cavallo op op. Se non fa Barbapapa’, almeno quella!”

“Non è per bambini. Ma le ascolti le parole delle canzoni? La vecchia signora è la morte.

La storia parla di suo padre e dell’appuntamento che aveva con lei. Dei suoi tentativi vani di poterla evitare, nascondendosi e scappando a cavallo verso una nuova meta. Ma la metà era sempre e inevitabilmente lei: la morte”.

Ecco perché sono sempre così pensieroso, penso. Da bambino a scuola ci facevano cantare questa canzone. E alla fine di tutto ecco che parte anche Samarcanda. La ascolto con un nuovo senno e capisco che questa che consideravo una canzonetta, in realtà è un capolavoro! E allora mi torna in mente anche il mio di padre. L’appuntamento a cui non è riuscito a sottrarsi. A cui nessuno di noi riuscirà a farlo..

Alla prossima Vecchioni!

di Alessandro Baccetti

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