Qual è stato il vostro percorso di crescita verso la consapevolezza della vostra identità sessuale?
Partendo dal presupposto che l’omosessualità non è una scelta, ma una caratteristica della persona che si sviluppa in te indipendentemente dalla tua volontà, e che noi non rimpiangiamo di non essere eterosessuali, i nostri percorsi verso la piena presa di coscienza della nostra condizione di omosessuali è stata molto diversa.
Massimo: io fin da ragazzino ho sempre avuto ben chiaro che l’oggetto del mio desiderio erano i maschi e già da adolescente avevo maturato una piena consapevolezza della mia identità.
Ricordo che alle elementari e alle medie, pur avendo avuto qualche “fidanzatina”, ero più portato ad osservare i miei coetanei, il loro sviluppo fisico, il loro modo di comunicare, di fare gruppo.
Provenendo da un paese dell’alto Canavese, dove certo le possibilità di conoscere e capire l’omosessualità erano praticamente nulle, ammetto che avevo diverse preoccupazioni cui non trovavo risposta: sarò l’unico in questo paese? Tutti i gay si vestono da donna? Dovrò fare il ballerino o lo stilista per essere accettato?
Poi, per fortuna, sono arrivati gli anni del liceo ad Ivrea che mi hanno aiutato ad informarmi e avvicinarmi al mondo omosessuale in modo più maturo e consapevole, soprattutto grazie all’aiuto di compagni più grandi e già impegnati in associazioni LGBT.
Certo, visto che si parla degli anni fine ’80-inizio ’90 del secolo scorso, non esistevano nemmeno un decimo degli strumenti di accesso alle informazioni che hanno gli adolescenti di oggi.
Le informazioni passavano per lo più oralmente e attraverso la carta stampata; non tanto quella pornografica (che esisteva, ma andava acquistata in edicola… e chi aveva il coraggio?), quanto quella di anonimi settimanali di annunci economici come “Secondamano” in cui, tra auto usate e appartamenti in affitto, si trovava la sezione “annunci personali” utilizzata dai cuori solitari per conoscere altre persone.
Le mie primissime conoscenze gay avvennero proprio attraverso questo canale, fatto di scambi di lettere inviate al fermo-posta e appuntamenti al buio fissati rigorosamente di giorno e in luoghi pubblici per non correre rischi.
Gli annunci esplicitamente gay erano vietati e allora tutti iniziavano con “AAA Ragazzo segretamente particolare”… oggi è praticamente preistoria!
Luca: io, invece, ho avuto un percorso meno netto. Da adulto mi sono reso conto che l’attrazione sessuale verso alcuni modelli di uomo c’era già in età adolescenziale, ma in quegli anni la vivevo in modo sporadico e disinteressato.
Era più relegata ad un mondo onirico, poco legato alla mia quotidianità. Anch’io vengo da una piccola realtà e le mie giornate erano fatte di scuola, oratorio, amici, musica… la sessualità a quell’età è venuta spontaneamente nei confronti delle ragazze e per molti anni posso dire di essere stato in una condizione di eterosessualità apparente.
Non che mi sentissi costretto ad essere eterosessuale o che volessi soffocare me stesso per compiacere gli altri. Le mie pulsioni omosessuali c’erano sempre, ma semplicemente non sentivo il bisogno di soddisfarle.
La necessità di avvicinarmi fisicamente ad un uomo è arrivata nella piena età adulta. Io, da questo punto di vista, assomiglio di più ad un millennial… quando ho deciso di approfondire l’argomento – diciamo così – mi è bastato utilizzare il web e mi si è aperto un mondo.
Quando avete deciso di esporvi e dire alle vostre famiglie della vostra omosessualità?
Massimo: i miei genitori sono sempre stati molto attenti e presenti nella mia vita e nel mio percorso di crescita, per cui avevano già capito prima che glielo dicessi.
Io non sono mai stato un figlio problematico, ero un ottimo studente, avevo una vita sociale attiva, ero educato e assennato, per cui i miei genitori non avevano nulla di cui lamentarsi. Diciamo che, terminato il liceo, avevo molta voglia di andare a vivere a Torino per frequentare l’Università e uscire dalla realtà del paese.
L’aver esternato loro la mia omosessualità in quel momento è stato strategico: da un lato mi è servito per liberarmi di un fardello che mi avrebbe rinchiuso in un rapporto genitore-figlio fatto di menzogne; dall’altro è anche servito a far capire loro la mia esigenza di andare a vivere in città e di poter iniziare la mia vita da adulto.
Sono stato fortunato perché non mi hanno mai ostacolato. Poi l’ho detto a mio fratello minore e, un po’ per volta, a tutti i familiari; devo ammettere che nessuno si è mai mostrato ostile, ma a quel punto il loro giudizio sarebbe stato comunque irrilevante.
Luca: io invece non ho mai fatto un “annuncio ufficiale” in famiglia. I miei genitori hanno sempre rispettato la mia privacy fin da quando ero ragazzino e tanto più da adulto. Quando ho iniziato a frequentare Massimo, nel 2009, ero già fuori casa e indipendente da anni.
Io tra l’altro ho anche vissuto all’estero, per cui l’interesse della mia famiglia per le mie relazioni amorose era in generale pressoché pari a zero. Nel momento in cui mi sono reso conto che questa relazione stava crescendo, abbiamo deciso di vederci non più solo a Torino da Massimo, ma anche a casa mia e, siccome abitavo – e tutt’oggi abitiamo – accanto ai miei genitori, è stato inevitabile che si incontrassero.
Malgrado loro abbiano già una certa età non sono stupidi e hanno capito che questo ragazzo che passava i weekend da me e dormiva nel mio letto non era un semplice amico. Credo abbiano semplicemente preso atto della realtà e abbiano capito che io ero felice così. Massimo è stato “inglobato” nella famiglia, tutti i miei parenti si sono dimostrati di un’apertura mentale che non mi sarei mai aspettato, soprattutto quelli con più di 80 anni.
Il primo annuncio ufficiale che abbiamo fatto ai miei genitori credo sia stato quello della nostra intenzione di sposarci.
Dovete ammettere che siete stati fortunati. Non tutti i figli trovano famiglie accoglienti di fronte al coming out. C’è qualche consiglio che potreste dare a chi è ancora nascosto e non ha il coraggio di rivelare la verità alla famiglia?
sì, siamo consapevoli di aver avuto un percorso meno difficile di molte altre persone che conosciamo. L’incognita della reazione della famiglia di fronte alla verità è fonte di grande ansia, lo sappiamo.
…continua
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