Giovanni: rincorro un sogno o scappo da un incubo?

Qui di seguito una storia unica, ma simile a molte altre. Raccontata dalla viva voce del protagonista: Giovanni. Un ragazzo di origini sarde, universitario a Firenze, adottato per qualche tempo in Australia e poi, quando decide di tornare nella sua Italia, si concede una vacanza in Thailandia. E’ lì che comincia tutto.
Questa la sua storia.
“Ho conosciuto Silvia nell’estate del 2015 durante una vacanza in Thailandia.
In seguito abbiamo continuato a sentirci, a scriverci, fino ad incontrarci di nuovo in dicembre, dove abbiamo iniziato una relazione-convivenza, con il mio conseguente trasferimento a Torino, nella casa di questa ragazza. Nel mese di febbraio 2016, appena due mesi dopo dall’inizio della convivenza, inaspettatamente Silvia rimane incinta e, nonostante la relazione fosse ancora agli albori, decide di portare avanti la gravidanza, anche se io onestamente, non me la sentissi affatto, in quanto non c’erano le basi minime per diventare genitori così prematuramente, senza esserci nemmeno sperimentati come coppia ed essendo entrambi privi di un’occupazione lavorativa. Pur di proseguire la gravidanza, questa ragazza mi ha fatto subito presente che se io non me la fossi sentita di diventare un padre, per lei sarei pure potuto andare via, che ci avrebbe pensato lei.
Molto combattuto, impreparato all’evento di diventare padre, dopo averci pensato a lungo e dopo aver preso una buona dose di coraggio, mi sono preso mio malgrado anche la responsabilità di rimanere li con lei ed accettare il fatto che presto sarei diventato un padre, anche se con tante, troppe incertezze, vista anche l’anafettività che questa ragazza dimostrava non solo nei confronti. Così è stato. Sono rimasto ed ho riconosciuto mia figlia, Giulia, la cosa più bella e cara che, purtroppo solo in teoria, ho.
La bimba nasce il 9 novembre 2016. Siamo felici. È un momento bellissimo. Ma, dopo appena due mesi, dopo qualche innocua discussione e incomprensione però, con la fondamentale complicità dei genitori della ragazza, che erano soliti manipolare la figlia in maniera molto subdola (infatti Silvia ha dimostrato di essere troppo legata alla propria famiglia di origine, in un rapporto non solo filiale, ma anche di sudditanza psicologica nei confronti sia della madre, ma soprattutto del padre, il quale era solito controllare la figlia, addirittura attraverso una telecamera di sorveglianza che avrebbe voluto installare in casa nostra, così da poter controllare attraverso il PC anche nostra figlia Giulia, o interferendo sulle modalità di educazione della piccola, insistendo sul nome da attribuirle e ancora facendo pressioni affinché noi ci trasferissimo a Chieri, affianco a casa loro, così da poter tenere nostra figlia), vengo, inaspettatamente, cacciato di casa, buttato letteralmente in mezzo alla strada, dall’oggi al domani.
Mi ritrovo così, da solo, nella disperazione più totale, senza nemmeno capire bene quali colpe avessi, se non quella di aver dato tutto me stesso dapprima per quella ragazza ed in seguito per mia figlia. Inizia così una vera e propria guerra nei miei confronti, portata avanti dalla madre di mia figlia, ma palesemente mossa dal padre di quest’ultima. Vengo infatti denunciato dalla ragazza, sia per maltrattamenti che per mancata sussistenza economica per mia figlia, Accuse chiaramente e maledettamente false. Ma cosa più triste, ciò che molto preoccupa in questo caso e che è il punto fondamentale di questa vicenda, è il fatto che, facendosi forte delle pesanti accuse lanciate nei miei confronti, per di più con la protezione eccessiva del proprio padre, Silvia sia riuscita a gettare una pesante luce di inidoneità sul sottoscritto come padre al punto tale da precludere i rapporti tra me e mia figlia, preclusione posta in essere dalla stessa Silvia  sin dal momento della rottura della relazione. Io, poi, al solo fine di poter rivedere mia figlia, mi sono rivolto più volte alle forze dell’ordine, lamentando la condotta pregiudizievole tenuta da Silvia nei miei confronti che, ostinatamente, mi impedisce tutt’ora di vedere la piccola.
In tutto questo tempo, mi sono anche fatto aiutare dai servizi sociali per poter vedere la mia bambina e mi sono sempre attenuto alle indicazioni degli operatori, al punto di accettare visite in luogo neutro sorvegliate da un educatore, onde dimostrare senza ombra di dubbio la mia capacità genitoriale. Quando i servizi hanno ritenuto che fossi effettivamente in grado di accudire la bambina, facendomi anche i complimenti per aver dimostrato di essere un ottimo padre sotto tutti i punti di vista, hanno suggerito una fase di maggiore liberalizzazione degli incontri, che prevedevano spazi liberi ovunque volessi, al parco, a casa mia, ovunque con mia figlia.
Finalmente iniziavo così a vedere un po’ di luce e forse di giustizia. Subito dopo tale apertura, però, il padre di Silvia riferiva ai servizi di aver pagato un investigatore privato, il quale, dopo avermi seguito, mi avrebbe visto acquistare cannabis da uno spacciatore. Tale affermazione, che non corrisponde assolutamente al vero, bloccava di nuovo ogni liberalizzazione e mi sono dovuto nuovamente rassegnare a vedere mia figlia esclusivamente in luogo neutro, per un’ora e mezza alla settimana, solo per poterla almeno vedere. Peraltro, mi preme far presente che in precedenza, 
durante gli incontri con la bambina, la madre di mia figlia si presentava agli stessi costantemente accompagnata dai genitori, i quali cercavano in tutti i modi di provocarmi (mi veniva strappato il passeggino dalle mani, venivo imitato, scimmiottato, deriso etc) cercando chiaramente una qualche reazione da parte mia, e non permettendomi tra l’altro di avere la possibilità di relazionarmi spontaneamente con mia figlia. Inoltre, sempre in occasione degli incontri in luogo neutro, Silvia si rifiutava di consegnare i beni di pertinenza della bambina, come per esempio il passeggino, ponendomi nuovamente in difficoltà.
 Attualmente quindi vedo mia figlia una volta alla settimana per un’ora e mezza, in compagnia di un educatore, senza un motivo, a causa di menzogne e calunnie, senza che nessuno possa fare niente, in attesa ormai da più di tre mesi di un provvedimento provvisorio da parte di un giudice che tarda ad arrivare, perdendo di fatto le fasi di crescita più belle di mia figlia, privata a sua volta sin da sibito di una figura paterna buona ed amorevole, fondamentale per la sua crescita ed il suo sviluppo. La bambina ha ormai più di un anno di vita e ha il sacrosanto diritto di poter conoscere e stabilire una relazione importante con il padre, il quale non ha mai fatto assolutamente nulla che fosse contrario all’interesse e al benessere della figlia.
Fin dal momento della decisione di andare a convivere e di aspettare Giulia, sono stato io quello che ha investito maggiormente in tale scelta, occupandomi in prima persona della sistemazione e della ristrutturazione dell’alloggio comune, oltre a farmi carico esclusivo della spesa quotidiana per me e la mia ormai ex compagna. Ora mi trovo in una città che non sento mia, da solo, in cui sto rimanendo solo ed esclusivamente per poter stare vicino ad una figlia che a malapena riesco a vedere, nell’indifferenza totale delle istituzioni, in un sistema “malato” fatto di ingiustizie, che va contro ogni buon senso e che non è in grado di far rispettare il fondamentale “diritto al minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi”.
 Con Giovanni. Di Cinzia Somma
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