ed ecco l’ultima parte dell’intervista a Massimo e Luca: ancora tanto da raccontarci, ma riprendiamo da dove eravamo rimasti…
Tant’è che a distanza di nemmeno un anno dall’entrata in vigore della Legge sulle Unioni Civili avete deciso di sposarvi e tutelarvi come coppia di fronte alla legge.
la nostra condizione di coppia gay convivente e perfettamente integrata a livello familiare e sociale di fatto già faceva di noi una realtà. La nostra vita quotidiana dopo l’Unione Civile è esattamente identica a quella di prima.
Ciò che è cambiata radicalmente è la nostra posizione come cittadini di fronte allo Stato. L’Unione Civile ci ha semplicemente dato tutti quei diritti-doveri reciproci che di base vengono riconosciuti alle coppie eterosessuali che si sposano in comune.
Perché noi due che viviamo insieme da anni e siamo una formazione sociale stabile dovremmo avere meno diritti di un uomo e una donna che si sposano dopo pochi mesi di relazione, magari solo perché lei è in gravidanza? Perché due coniugi anche se vivono separati da anni hanno diritto alla pensione di reversibilità e due conviventi da decenni no?
La Legge Cirinnà è certamente un passo importante, ma non certo quello definitivo. E’ un punto di partenza verso la completa equiparazione del matrimonio civile etero ed omosessuale.
La questione della negazione del diritto di adozione alle coppie gay non ci tocca da vicino perché nessuno di noi due ha mai desiderato diventare genitore. Ma per lo stesso principio di cui abbiamo parlato prima, il fatto che non riguardi noi due non significa che non sosterremo tutte le battaglie necessarie a far sì che il diritto di adozione venga esteso a tutti.
Oltretutto, proprio qualche giorno fa al TG si riportavano i dati italiani sulle violenze e gli abusi sui minori perpetrate in famiglia; dati agghiaccianti, che ci dovrebbero far riflettere su quanto il modello “tradizionale” di famiglia possa rivelarsi fallimentare. Sul vostro percorso per arrivare alla celebrazione dell’Unione Civile avete anche incontrato un ostacolo inatteso.
Qualche mese fa ci fu la polemica del Sindaco di Favria proprio contro la vostra richiesta di Unione.
Più che un ostacolo, è stato un intoppo. Non vogliamo tornare sulle polemiche di allora, anche perché le ha create ad arte il Sindaco certamente per scopi di visibilità personale o elettorale. Come abbiamo più volte precisato, noi non abbiamo mai incontrato personalmente il Sindaco di Favria (avevamo solo parlato con il personale dell’Ufficio Anagrafe) e ci siamo trovati sui giornali a nostra totale insaputa.
Tutti i giornalisti scrivevano sulla nostra Unione con dovizia di particolari (per lo più errati/inventati), come se noi avessimo rilasciato interviste o essi fossero nell’elenco degli invitati.
Allora non uscirono i nostri nomi perché ci muovemmo subito per tutelare la privacy nostra e delle nostre famiglie. Avremmo potuto scegliere di obbligare il Sindaco a sposarci nel suo Comune e combattere una guerra che avevamo già vinto in partenza: erano dalla nostra parte la Legge, schiere di amici avvocati inferociti, le associazioni LGBT locali e nazionali, il Prefetto, un’amica Senatrice e persino la Littizzetto che parlò del nostro caso da Fazio.
La nostra scelta fu quella di non esporci e chiedere che sulla vicenda calasse il silenzio. E così è stato per diversi mesi, in cui noi abbiamo continuato serenamente a preparare l’evento. Ma eravamo perfettamente consapevoli del fatto che i giornalisti sarebbero tornati alla carica.
Questa volta abbiamo deciso di metterci la faccia in prima persona. In primo luogo, abbiamo scelto di autorizzare il Comune di Rivara a pubblicare la foto della nostra Unione non tanto per ripicca contro il Sindaco di Favria, ma per far vedere ai cittadini di Rivara – e anche di Favria! – la differenza che c’è tra essere rappresentati da un Sindaco che sa svolgere il proprio ruolo di Ufficiale dello Stato in modo corretto rispetto a uno che invece si vanta sui giornali di non applicare le leggi e antepone le proprie idee religiose alla ragion di Stato, manco fossimo in una teocrazia.
Inoltre, volevamo comunicare, soprattutto a tutti coloro che vivono con sofferenza la loro condizione omosessuale, che non c’è gioia più grande che essere felici con chi si ama e che abbiamo vissuto, noi e i 150 invitati tra parenti e amici che quel giorno ci sono stati accanto, l’emozione più bella della nostra vita.
Non rinunciate mai alla felicità! Infine, speriamo anche di aver portato un segnale di “normalità”: la nostra Unione non suggella altro che un legame sentimentale che già esiste da otto anni, una relazione d’amore cresciuta nella fierezza e nella convinzione che non meritiamo minore rispetto né minori diritti, una vita in comune fatta di tanta quotidianità, di lavoro, di conti da pagare, di gioie e problemi, esattamente come le migliaia di altre “normali” coppie eterosessuali che ci circondano. La nostra speranza è che, tra qualche anno, ciò che di eccezionale abbiamo fatto noi parrà a tutti così banale e normale che… non farà più notizia.
E noi non possiamo fare altro che unirci alla speranza di Massimo e Luca, d’altra parte un legame d’amore non è nient altro che un’erba spontanea.
di Cinzia Somma